Come visto nella Lezione 1 di questo capitolo, il movimento di cariche in un circuito provoca il flusso di una corrente elettrica. Ovviamente, perché due cariche si muovano tra un punto a ed un punto b di un circuito è necessario compiere un lavoro, mettere cioè in gioco una certa energia.
Il lavoro totale per unità di carica associato al moto di una carica tra due punti si chiama tensione (o tensione elettrica). Perciò, l'unità di misura della tensione è quella di un'energia per unità di carica: tale unità è stata chiamata volt (V) in onore di Alessandro Volta:
La tensione o differenza di potenziale tra due punti in un circuito indica l'energia richiesta per muovere la carica da un punto all'altro, ed è analiticamente espressa nel modo seguente:
Tale lavoro non dipende dal percorso che collega i punti a e b, cioè il campo elettrico è conservativo. Come si vedrà in seguito, la direzione, o polarità, della tensione è strettamente legata al fatto che l'energia sia dissipata o generata nel processo.
Consideriamo il circuito di figura 2.4 dove i nodi sono indicati con le lettere a e b. Opportuni studi condotti da Kirchhoff hanno portato quest'ultimo alla formulazione della seconda delle sue leggi, la legge di Kirchhoff delle tensioni. Il principio che sta alla base di tale legge è che in un circuito elettrico l'energia non si crea né si distrugge; in altre parole, la somma delle tensioni associate alle sorgenti deve eguagliare la somma delle tensioni ai carichi, cosicché la tensione netta in un circuito chiuso è zero (cioè la somma delle cadute di tensione nel circuito chiuso deve essere zero: se così non fosse, sarebbe necessario trovare una spiegazione fisica per l'eccesso, o penuria, di energia). In termini analitici:
(F2.6) |
Figura 2.4 Flusso di corrente in un conduttore elettrico
dove vn sono le tensioni individuali nel circuito chiuso. Con riferimento alla figura 2.4, come conseguenza della legge di Kirchhoff delle tensioni il lavoro generato dalla batteria è pari all'energia dissipata nella lampadina per sostenere il flusso di corrente e convertire l'energia elettrica in calore e luce:
vab = vba oppure: v1 = v2 (F2.7)
Si può pensare il lavoro fatto per muovere la carica dal punto a al punto b ed il lavoro fatto per muoverla da b ad a come corrispondente direttamente alla tensione (ovvero alla differenza di potenziale) che c'è ai capi dei singoli elementi del circuito. Sia Q la carica totale che si muove nel circuito per unità di tempo, dando luogo alla corrente i. Allora il lavoro fatto per muovere Q da b ad a (cioè attraverso la batteria) è:
In maniera analoga, si compie lavoro nel muovere Q da a a b, cioè attraverso la lampadina. Si noti che la parola potenziale è abbastanza appropriata come sinonimo di tensione, in quanto la tensione rappresenta l'energia potenziale tra due punti in un circuito: se rimuoviamo la lampadina dalle sue connessioni con la batteria, vi è ancora una tensione tra i due (ora disconnessi) terminali b e a.
Questo fatto è illustrato in figura 2.5: la presenza di una tensione v2 tra i terminali aperti a e b indica l'energia potenziale che può permettere il moto della carica una volta che il circuito venga chiuso così da consentire alla corrente di passare.
Figura 2.5 Il concetto di tensione come differenza di potenziale
Un momento di riflessione sul significato della tensione dovrebbe suggerire la necessità di specificare un segno per questa quantità. Consideriamo di nuovo la batteria in cui, per un processo elettrochimico, viene generata una differenza di potenziale pari a 1,5 V. Il potenziale generato dalla batteria può essere usato per muovere una carica in un circuito.
Figura 2.6 Generatore e carico in un circuito elettrico.
La quantità di carica mossa una volta che il circuito viene chiuso (cioè la corrente condotta dal circuito connesso alla batteria) dipende ora da quale elemento circuitale decidiamo di collegare alla batteria. Perciò, mentre la tensione attraverso la batteria rappresenta il potenziale per fornire energia al circuito, la tensione attraverso la lampadina indica la quantità di lavoro compiuto nel dissipare energia. Nel primo caso, l'energia è generata: nel secondo, è consumata (si noti che l'energia può anche essere accumulata da una opportuno elemento circuitale che non abbiamo ancora introdotto).
Questa distinzione fondamentale richiede attenzione nel definire il segno (o polarità) della tensione. In generale, diremo generatori gli elementi che forniscono energia, carichi gli elementi che dissipano energia. I simboli standard per un generico circuito generatore-carico sono mostrati in figura 2.6. Le definizioni formali saranno date in seguito.
L'unità fondamentale con cui noi abbiamo a che fare è la carica elettrica, e la più piccola quantità di carica esistente è la carica dell'elettrone, pari a qe= -1.602 * 10-19 coulomb. Come si può constatare, la quantità di carica associata ad un elettrone è piuttosto piccola; questo è dovuto naturalmente alla grandezza dell'unità che noi utilizziamo per misurare la carica, cioè il coulomb (C), così chiamata in onore di Charles Coulomb. Tuttavia, la definizione del coulomb porta ad un'appropriata unità quando noi andiamo a definire la corrente elettrica, giacché la corrente consiste nel flusso di una quantità molto grande di cariche. L'altra particella portatrice di carica, il protone, ha carica uguale in modulo ed opposta in segno a quella dell'elettrone, cioè qp= +1.602 * 10-19 coulomb. Spesso elettroni e protoni sono anche detti cariche elementari.
La corrente elettrica è definita come la quantità di carica Δq che transita attraverso un'area predeterminata nell'intervallo di tempo Δt. Tipicamente, l'area considerata è la sezione trasversale di un filo metallico, tuttavia vi sono casi in cui il materiale che porta la corrente non è un filo conduttore. In figura 2.1 è mostrato un flusso macroscopico di cariche in un filo, dove si immagina che si abbiano Δq fluenti attraverso la sezione trasversale A nell'intervallo Δt di tempo. La corrente risultante, Δi, è data da:
Δi = Δq / Δt (F2.1)
Figura 2.1 Flusso di corrente in un conduttore elettrico
|
Se di fatto si considera il flusso di un enorme numero di cariche elementari, si può scrivere questa relazione in termini differenziali:
i = dq / dt (F2.2)
L'unità di misura della corrente è l'ampère (A), e si ha: 1 ampere = 1 coulomb / 1 secondo. Il nome dell'unità di misura è in onore dello scienziato francese André Marie Ampère. Per convenzione si assume come verso positivo del flusso di corrente quello delle cariche positive (cioè il verso contrario a quello del moto degli elettroni). Nei conduttori metallici, tuttavia, la corrente è portata dalle cariche negative: queste cariche sono gli elettroni liberi nella banda di conduzione degli atomi (di cui è fatta la materia), i quali sono solo debolmente legati alla struttura atomica negli elementi metallici, e sono perciò facilmente messi in movimento in presenza di un campo elettrico.
Perchè la corrente fluisca, è necessario avere un circuito chiuso. La figura 2.2 mostra un semplice circuito, composta da una batteria e da una lampadina. Si noti che nel circuito la corrente i che va dalla batteria al resistore è uguale alla corrente che va dalla lampadina alla batteria. In altre parole, non si "perde" alcuna corrente (e, di conseguenza, alcuna carica) nel circuito chiuso. Questo fatto fu osservato dallo scienziato tedesco G.R. Kirchhoff ed è oggi conosciuto come la legge di Kirchhoff delle correnti (o prima legge di Kirchhoff) Questa legge afferma che poiché la carica non può essere creata ma deve conservarsi, la somma delle correnti ad un nodo deve essere uguale a zero (in un circuito, un nodo è il punto di collegamento tra due o più conduttori). In altri termini, si ha, formalmente la seguente formula 2.3:
(F2.3)
ovvero, che è lo stesso:
Σiin = Σiout (F2.4)
che rappresentano, per l'appunto, la legge di Kirchhoff delle correnti, ove con iin si intendono le correnti entranti nel nodo e iout le correnti uscenti.
Figura 2.2 Un semplice circuito elettrico (i = corrente che transita nel circuito).
Il significato della legge di Kirchhoff delle correnti è illustrato in figura 2.3 (dove sono messi in evidenza i due nodi esistenti): nell'applicare la legge di Kirchhoff delle correnti, si è soliti definire positiva la corrente che entra nel nodo, e negativa la corrente uscente dal nodo. Pertanto, per il circuito di figura 2.3 l'espressione analitica della legge dà:
i - i1 - i2 - i3 = 0
La legge delle correnti di Kirchhoff è una delle leggi fondamentali per l'analisi dei circuiti, in quanto rende possibile esprimere le correnti in un circuito l'una in funzione dell'altra; per esempio, si può esprimere la corrente uscente da un nodo in funzione delle altre correnti al nodo.
Figura 2.3 Schema della legge di Kirchhoff delle correnti
L'abilità nello scrivere tali equazioni è uno degli obiettivi primari nella risoluzione sistematica dei grandi circuiti elettrici. Vedremo nelle prossime lezioni gli ulteriori elementi necessari per addentrarci nell'analisi dei circuiti..
L'evoluzione storica dell'electrical engineering è un'opera che ha richiesto secoli di scoperte e intuizioni, a volte casuali. Volendo fare un riassunto, possiamo tentare un elenco (lungi dall'essere esaustivo) dei principali artefici le cui scoperte hanno portato alla fisionomia attuale di questa scienza:
Avremo modo nel proseguio del corso di approfondire le tematiche e le terminologie qui richiamate solo a titolo esemplificativo.
Nel seguito noi useremo il Sistema Internazionale di Misura (abbreviato SI) per indicare tutte le quantità in gioco. E' pertanto di fondamentale importanza prendere dimestichezza fin d'ora con queste quantità. Il Sistema Internazionale si basa su sei unità fondamentali, mostrate in tabella 1.1. Poiché, in pratica, è spesso necessario descrivere quantità che sono multipli o sottomultipli dell'unità, si usano prefissi standard per denotare queste quantità secondo potenze a base 10. I prefissi sono illustrati in tabella 1.2. Rimandiamo ad altro corso in questo sito per i dettagli sul SI.
Tabella 1.1 Unità del sistema internazionale
Quantità | Unità | Simbolo |
---|---|---|
Lunghezza | Metro | m |
Massa | Kilogrammo | kg |
Tempo | Secondo | s |
Corrente elettrica | Ampere | A |
Temperatura | Kelvin | K |
Intensità luminosa | Candela | ed |
Tabella 1.2 Prefìssi standard
Prefisso | Simbolo | Fattore |
---|---|---|
atto | a | 10-18 |
femto | f | 10-15 |
pico | p | 10-12 |
nano | n | 10-9 |
micro | μ | 10-6 |
milli | m | 10-3 |
centi | c | 10-2 |
deci | d | 10-1 |
deka | da | 10 |
kilo | k | 103 |
mega | M | 106 |
giga | G | 109 |
tera | T | 1012 |
Nelle Università italiane si suole distinguere tra elettrotecnica ed elettronica.
L'elettrotecnica studia e si occupa delle applicazioni riguardanti la produzione, il trasporto e l'utilizzo di energia elettrica; l'elettronica, invece, studia e si occupa delle applicazioni riguardanti la produzione, il trasporto e l'utilizzo dell'informazione.
In effetti, anche le quantità in gioco sono di ordini di grandezza diversi: decine e decine di migliaia di volt nell'elettrotecnica, unità o frazioni di volt in elettronica. In area anglosassone non si fa invece alcuna distinzione e si ingloba il tutto sotto il nome di electrical engineering (espressione traducibile in "ingegneria elettrica", benché in italiano l'espressione sia limitante e molto meno pregnante).
In questa definizione sono comprese, così, svariate discipline come, ad esempio, l'analisi dei circuiti, l'elettromagnetismo, l'elettronica dello stato solido, le macchine elettriche, i sistemi di produzione di energia elettrica, i circuiti logici digitali, i sistemi informatici, i sistemi di comunicazione, l'elettro-ottica, la strumentazione ed i sistemi di controllo.
Del resto, basta pensare alla dotazione di una normale automobile per rendersi conto di come questa branca della scienza sia particolarmente presente nella nostra vita quotidiana.
Il sintetico corso online, che qui andiamo a proporre, si svilupperà in diversi capitoli, che per la loro lunghezza sono ulteriormente scomposti in lezioni.