Nell’antica Grecia e nell’impero romano giocare a palla era considerato un piacevole passatempo, tradizione che continuò anche durante il Medioevo.
In quel periodo, si diffuse rapidamente un gioco simile alla pallavolo moderna, che sopravvisse per secoli venendo in seguito ribattezzato, nella Germania del XIX secolo, Faustball (letteralmente, “palla pugno”).
Il 9 febbraio 1895 William Morgan, insegnante di educazione fisica del Massachusetts, inventò un nuovo sport, da lui ribattezzato Minonette: questa fu l’antesignana della pallavolo moderna. Si può affermare quindi che la pallavolo sia nata negli USA alla fine del XIX secolo, ma all'epoca si trattava di uno sport ancora un po’ diverso rispetto a quello che si pratica oggi.
Infatti, l’obiettivo di William Morgan all'epoca era inventare un gioco che diventasse popolare come il basket. La dimostrazione pratica di come si giocava a minonette (termine che deriva dal francese “minon”, letteralmente “micio”, un antico gioco con la palla diffuso tra la nobiltà francese) avvenne in un college di Springfieldil 9 febbraio 1895.
L’evento non fu solo l’occasione per presentare un nuovo gioco, ma anche per puntare i riflettori su un aspetto rivoluzionario legato al modo di giocare.
Rispetto agli sport più popolari dell’epoca, infatti, nella minonette non si puntava sulla forza fisica per prevalere sugli avversari, bensì su altre capacità, come l’agilità, la velocità dei movimenti, la prontezza di riflessi e la capacità di concentrazione.
La minonette prevedeva regole semplici: la palla doveva essere toccata con le mani, per un numero di volte illimitato, e la partita si svolgeva a set.
Nell’evoluzione della storia della pallavolo, un contributo importante è stato quello di Alfred H. Halstead, un altro insegnante di educazione fisica statunitense, a cui si deve il cambio di nome della minonette in volleyball, il 10 marzo del 1896. Fu grazie all’instancabile lavoro di Halstead, inoltre, che la pallavolo si diffuse in maniera capillare negli USA e, da lì, nel resto del mondo.
Dagli Stati Uniti, infatti, dove all'inizio non ebbe via facile, il volley cominciò a essere praticato con passione in Sudamerica, in particolare in Brasile, Argentina e Uruguay. Da qui cominciò la sua diffusione verso l’Asia: nel 1898 la pallavolo arrivò a Manila, nelle Filippine, che fu teatro delle prime schiacciate, e da lì continuò la sua irrefrenabile corsa verso la Cina (nel 1906, portata dagli insegnanti YMCA Max Exner e Howard Crockner) e il Giappone (1908), dove ottenne un incredibile successo.
Inizialmente il modo di giocare a seconda del luogo differiva per alcuni aspetti: i modi di giocare erano diversi (all’occidentale e all’orientale).
Nel 1912 viene introdotta la regola che prevede la rotazione in senso orario degli atleti.
In Europa arrivò durante la prima guerra mondiale, importata dalle truppe americane. Infatti il Dr. George J.Fisher, segretario della YMCA War work, l'inserì nei programmi ricreativi dell'armata statunitense, alla quale la Spalding & Brothers mise a disposizione ben 16.000 palloni di gioco. L'Inghilterra è il primo paese europeo ad adottare la pallavolo (1914).
Anche in Italia la pallavolo arrivò con l'esercito americano. A Porto Corsini, lo scalo di Ravenna, nel 1917-18 i soldati statunitensi della locale base idrovolanti praticarono regolarmente tale sport.
1916 George J.Fisher pubblica le nuove regole di gioco sul n° 364 dello Spalding's Athletic Library, costo 10 cents:
Nel 1922 viene introdotta la regola dei tre tocchi massimi permessi ad ogni squadra per rinviare la palla verso il campo opposto. Viene organizzato il primo campionato YMCA degli USA e del Canada, come dimostrazione tecnica per i successivi Giochi Olimpici del 1924.
Poi la disciplina cominciò ad uniformarsi, soprattutto dopo il 1938 – data in cui si impose la tecnica del “muro”: da quel momento la disciplina si uniformò con rapidità.
La Federazione Italiana di Pallavolo (FIPAV) nacque nel 1946, quando la pallavolo si cominciò a diffondere soprattutto tra i più giovani.
Nel 1947 i rappresentanti di 15 federazioni si ritrovarono a Parigi e crearono la Fédération Internationale de Volleyball (FIVB).
Ancora oggi la pallavolo ha grande seguito, soprattutto nei paesi dell'estremo Oriente (Giappone, Cina, Corea del Sud), nei paesi dell'Europa orientale e dell'Europa meridionale, e in Brasile.
Questi paesi possono anche vantare i migliori risultati internazionali sia a livello di club sia a livello di squadre nazionali. Paesi come il Brasile, l'Italia, gli Stati Uniti d'America, la Russia, la Serbia e Cuba, hanno le proprie nazionali ai primi posti del ranking sia maschile sia femminile; altri paesi possono vantare solo una squadra nazionale (maschile o femminile), ai vertici del ranking (Giappone e Cina nel femminile, Argentina nel maschile). Molti altri paesi restano comunque ai margini e, tranne rari casi, sono sempre gli stessi paesi a contendersi gli allori dei tornei più importanti.
Nel tempo si sono succedute diverse modifiche regolamentari (dal rally point system integrale a partire dal 2000, al libero a partire dal 1997, dai provvedimenti disciplinari alle linee di campo) fino all'attuale regolamento internazionale.
La pallavolo è uno sport di squadra che si pratica tra due squadre con in campo sei giocatori per squadra.
Lo scopo del gioco è realizzare punti, facendo in modo che la palla tocchi terra nel campo avversario (fase di attacco), ed impedire che la squadra avversaria possa fare altrettanto (fase di difesa). Viene anche chiamata volley (abbreviazione del nome dello sport in lingua inglese volleyball).
La pallavolo è compresa nel programma dei Giochi olimpici estivi dal 1964 ai Giochi di Tokyo, consolidando la sua notorietà e il suo status di sport di primo livello, ed è oggi uno degli sport più praticati, soprattutto in ambito femminile.
Oltre a questo, su una spiaggia assolata, un’altra variante della pallavolo aveva catturato il cuore di milioni di appassionati: il beach volley. Questa entusiasmante versione del gioco, introdotta alle Olimpiadi nel 1996, presenta un nuovo livello di difficoltà dovuto all’imprevedibilità della sabbia come superficie di gioco.