Estratto dal volume di D. Martorelli "Introduzione alle figure retoriche nella lingua italiana", ed. Youcanprint, 2017

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  1. Ellissi: dal greco elleípō («ometto») consiste nell'omissione, all'interno di una frase, di uno o più termini che sia possibile sottintendere. È frequente nei proverbi e nelle sentenze (A nemico che fugge, ponti d'oro). Esempio: "Giunta in Medio Oriente la delegazione diplomatica" = [È] giunta in Medio Oriente la delegazione diplomatica.
  2. Epanadiplosi: dal greco epanadíplōsis ("raddoppiamento"), detta anche ciclo o inquadramento, è una figura retorica che consiste nella ricorrenza di una o più parole all'inizio e alla fine di una frase o di un verso. Esempio: "dov'ero? le campane / mi dissero dov'ero" (Giovanni Pascoli, Patria). Lo schema base può risultare leggermente alterato, con la prima occorrenza non esattamente all'inizio del verso (Dolci a voi l'esche [...] / serbi la terra a voi, Marino) o la seconda non alla fine dell'enunciato (le infinite connotazioni d'un infinito catalogo, Gadda).
  3. Epanalessi o geminatio: dal greco epanálēpsis ("ulteriore ripresa"), consiste nel ripetere all'inizio, al centro o alla fine di una frase una parola o un'espressione per rafforzarne l'idea. Esempio: "ma passavam la selva tuttavia, la selva, dico, di spiriti spessi." (Dante). Quando le parole vengono ripetute immediatamente, senza alcun intervallo, si preferisce usare l'espressione epizeusi (dal greco epizéuksis, «unione»). Esempi: "Ben son, ben son Beatrice" (Dante, Divina Commedia, II, XXX, 73); "O natura, o natura" (Leopardi, A Silvia)
  4. Epifora: dal greco epiphérō ("porto in aggiunta", detta anche epistrofe (dal greco epistrophē, "rivolgimento, conversione"), è una figura retorica di ordine che consiste nel ripetere la stessa parola o le stesse parole alla fine di frasi o versi successivi, per rinforzare un concetto. È quindi particolarmente enfatica, data la maggiore enfasi naturalmente associata all'ultima parte del periodo. La figura retorica speculare è l'anafora, che consiste nel ripetere la stessa parola all'inizio della frase. Esempi: "Qui vince la memoria mia lo’ngegno; / ché quella croce lampeggiava Cristo, / sì ch’io non so trovare essempro degno; / ma chi prende sua croce e segue Cristo, / ancor mi scuserà di quel ch’io lasso, / vedendo in quell’albor balenar Cristo" (Dante, Paradiso, XIV, 104-108); "Più sordo e più fioco / s'allenta e si spegne. / Solo una nota / ancor trema, si spegne, / risorge, trema, si spegne." (D'Annunzio, La pioggia nel pineto)
  5. Equivoco o anfibologia: non propriamente una figura, ma una caratteristica del discorso relativa alla virtù della chiarezza e si ha ogni volta che con diversi mezzi il discorso si presta a più interpretazoni (specie se volute a scopo artistico): così per le omonimie, ad esempio nelle rime dette appunto equivoche o nei "doppi sensi" con finalità comico allusiva. Un esempio minimo ma significativo può essere la frase Tutti cercando il van che significa tutti lo vanno percorrendo (detto del palazzo di Atlante), ma il verbo van, in un contesto in cui insistentemente si ritorna sul concetto della vanità delle apparenze e dei desideri, determina un'anfibologia certo intenzionale;
  6. Enumerazione: una rapida rassegna di oggetti, luoghi, qualità, individui, ecc. Può presentarsi sotto forma di asindeto o polisindeto (cfr. gli esempi addotti al numero 7) o in forme miste;
  7. Figura etimologica: è una forma particolare di bisticcio, ed è l'accostamento di due parole che hanno in comune la medesima origine etimologica: est selva selvaggia e aspra e forte (Dante); Quanto pi segue invan la vana effigie (Poliziano) ; Ahi! tanto amò la non amante amata (Tasso) ;
  8. Interrogazione (o interrogativa retorica): una domanda che non attende risposta perchè la risposta è implicita nella stessa domanda; si tratta cioè di un'affermazione o di una negazione fatta in forma interrogativa: O conte Orlando, o re di Circassia, / vostra inclita virtù, dite, che giova? (Ariosto, a significare non vi è servita a nulla); O natura, o natura, / perchè non rendi poi / quel che prometti allor? / ecc. (Leopardi, A Silvia);
  9. Iperbato: la collocazione di alcune parole nella frase secondo un ordine sintattico inconsueto è ad esempio l'inserimento, fra due parole che grammaticalmente dovrebbero essere unite, di un'altra o di altre parole (cfr. anche l'anastrofe che è un caso particolare di iperbato): che m'hanno con gravissime procelle / fatto sin qui (Ariosto); per sol turbar la sua lunga quiete (Poliziano); non avria, per Angelica cercare, / lasciato o selva o campo... (Ariosto); oh difettose e care / mentre ignote mi fur l'erinni e il fato, / sembianze agli occhi miei (Leopardi, Ultimo canto di Saffo);
  10. Onomatopea: dal greco onomatopoìa ("creazione di un nome"), consiste nel riprodurre e nell'imitare, mediante i suoni della lingua, suoni naturali e rumori reali. Ad esempio, nei versi che seguono, G. Pascoli, riproduce suggestivamente il rumore del tuono inserendo all'interno delle parole suoni che richiamano il suo significato: "il tuono rimbombò di schianto: rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo"
  11. Ossimoro: l'accostamento di parole fra loro contraddittorie ( un caso particolare di antitesi); Questo viver dolce amaro (Petrarca); le dolce acerbe cure che da Amore (Poliziano); Ma il fanciullo Rinaldo... dolcemente feroce alzar vedresti la regal fronte (Tasso); nato mortal (Leopardi); "grido silenzioso"; "amara dolcezza"; "ghiaccio bollente".
  12. Personificazione o prosopopea, che consiste nel considerare come persone (rivolgendosi loro o facendole agire e parlare) oggetti o concetti astratti: O dolce selva solitria, amica / de' miei pensieri... (Della Casa); Pel campo errando va Morte crudele / in molti, varii, e tutti orribil volti; / e tra sè dice: ecc. (Ariosto); O natura, o natura, ecc. (Leopardi, A Silvia);
  13. Preterizione: consiste neli'affermare di non voler parlare di una cosa mentre in realtà se ne parla: Cesare (accio che per ogni piaggia / fece l'erbe sanguigne / di lor vene, ove 'l nostro ferro mise (Petrarca) ;
  14. Reticenza: consiste nell'interrompere a mezzo un discorso lasciando per intendere ciò che non si dice: Egli mi ha comandato che io prenda questa vostra figliuola e ch'io... E non disse più (Boccaccio);
  15. Similitudine o paragone, che consiste nel mettere in relazione esplicita (utilizzando vari connettivi: così... come, tale... quale, similmente, sembra, ecc.) due fatti o persone o idee ecc. Qual pargoletta o damma o capriuola / che tra le fronde del natio boschetto / alla madre veduta abbia la gola / stringer dal pardo, o aprirle 'l fianco o 'l petto, / di selva in selva dal crudel s'invola / e di paura triema e di sospetto (detto di Angelica inseguita da Rinaldo; Ariosto); Sospirando piangea, tal ch'un ruscello / parean le guancie, e 'l petto un Mongibello (Ariosto);
  16. Simploche: dal greco symplokē ("intreccio"), detta anche complexio o intreccio, è una figura retorica che combina l'anafora con l'epifora, ripetendo parole o gruppi di parole sia all'inizio sia alla fine di ogni frase di una serie. Esempio: "Guàrdate da l'odorato, lo qual ène sciordenato, / ca 'l Segnor lo t'ha vetato: / guarda! / Guàrdate dal toccamento, lo qual a Deo è spiacemento, / al tuo corpo è strugimento: / guarda! (Jacopone da Todi, Laudi, VI)
  17. Zeugma: consiste nel far dipendere da un medesimo verbo due o più sostantivi o altre parti del discorso che richiederebbero di essere introdotte da due verbi distinti: parlare e lagrimar vedrai insieme (Dante).